Odissea

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    L'Odissea (greco: Ὀδύσσεια, Odysseia) è uno dei due grandi poemi epici greci attribuiti all'opera del poeta Omero.
    La datazione del poema viene comunemente fatta risalire al periodo tra l'800 a.C. e il 700 a.C. L'argomento del poema è in parte una continuazione dell'Iliade, e tratta principalmente delle avventure capitate all'eroe Greco Odisseo (o Ulisse, alla latina) durante il suo lungo viaggio di ritorno verso la sua patria Itaca, dopo la caduta di Troia.L'Odissea è un poema diviso in 24 libri, ognuno dei quali indicato con una lettera dell'alfabeto greco minuscolo, per un totale di 12.110 esametri.
    Il poema è uno dei testi fondamentali della cultura classica occidentale, e viene tuttora comunemente letto in tutto il mondo sia nella versione originale che attraverso le numerose traduzioni.
    L'Odissea si presenta attualmente in forma scritta, mentre in origine il poema era tramandato oralmente da abili ed esperti aedi. Nella narrazione si servivano di un metro regolare chiamato "esametro dattilico" o "esametro epico". Ciascuno dei 12110 esametri del testo originale è composto da 6 piedi, ciascun piede è alternativamente un dattilo o uno spondeo.
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    L'opera, insieme all'Iliade, viene composta nella Ionia d'Asia intorno al IX secolo a.C., anche se alcuni autori pensano che sia nata intorno al 720 a.C.
    L'originale più antico dell'opera risale alla fine della seconda metà ll'VIII secolo a.C., ed è questo che il tiranno ateniese Pisistrato usa quando, nel VI secolo a.C., decide di uniformare e dare forma scritta ad un poema che fino ad allora si era tramandato quasi esclusivamente per forma orale.
    Quest'ultima forma, però, continuerà fino al III secolo d.C. in Egitto, con tutti i cambiamenti e le mutazioni inevitabili nella forma orale.

    La lingua dell'Odissea mescola forme appartenenti a diversi dialetti greci. Le forme attiche sono decisamente minoritarie e si possono probabilmente spiegare come modificazioni effettuate nella redazione di Pisistrato, le forme eoliche e ioniche, invece, sono entrambe molto presenti, anche se con una predominanza delle seconde. Il dialetto ionico è tradizionalmente la lingua dell'epica, quindi le molte proposte avanzate hanno tentato di spiegare soprattutto la consistente presenza dell'eolico: quella con più seguito accademico sostiene che le forme eoliche possano essere spiegate da ragioni quasi esclusivamente metriche e poetiche.
    L'Odissea è ricca di formule, ovvero espressioni usate in sedi metriche fisse per esprimere un'idea essenziale, secondo la definizione di Milman Parry (gli esempi tipici potrebbero essere l'astuto Odisseo o Aurora dalle dita rosate). Queste formule, oltre ad essere poetiche, ci mostrano l'originaria natura orale dei poemi: sembra infatti che aiutassero gli aedi a comporre i loro canti improvvisandoli su richiesta dell'uditorio.
    L'Odissea è anche stata vista come l'archetipo del romanzo, in quanto racconta dall'inizio alla fine la vicenda scelta, senza lasciarsi troppo distrarre, per così dire, da eventi secondari e non strettamente correlati alle avventure di Odisseo.
    È da segnalare, infine, che la suddivisione in 24 libri non è originale. Furono infatti i filologi alessandrini a suddividere i due poemi omerici in 24 capitoli e ad assegnare ad ogni capitolo una lettera dell'alfabeto greco (composto da 24 lettere, appunto): maiuscole per l'Iliade, minuscole per l'Odissea.

    La vicenda

    l poema è uno dei Nostoi (Νόστοι "Ritorni"), i poemi greci del ciclo epico che descrivevano il ritorno degli eroi greci in patria dopo la distruzione di Troia.
    Telemaco, il figlio di Odisseo, era ancora un bambino quando suo padre era partito per la Guerra di Troia. Al momento in cui la narrazione dell'Odissea ha inizio, dieci anni dopo che la guerra stessa è terminata, Telemaco è ormai un uomo di circa vent'anni, e condivide la casa paterna con la madre Penelope e, suo malgrado, con un gruppo di uomini turbolenti ed arroganti, i Proci, che intendono convincere Penelope ad accettare il fatto che la scomparsa del marito è ormai definitiva e deve, di conseguenza, scegliere tra di loro un nuovo marito.La dea Atena, che è la protettrice di Odisseo, in un momento in cui il dio del mare Poseidone (che invece è suo nemico giurato) si è allontanato dall'Olimpo, discute del suo destino con il re degli dei Zeus. Quindi, assunte le sembianze di Mente, padre dei Tafi, va da Telemaco e lo esorta ad andare al più presto in cerca di notizie del padre. Telemaco le offre ospitalità e insieme assistono alle gozzoviglie serali dei Proci, mentre il cantastorie Femio recita per loro un poema. Penelope si lamenta del testo scelto da Femio, ovvero il "Ritorno da Troia"[1], perché le ricorda il marito scomparso, ma Telemaco si oppone alle sue lamentele.
    Il mattino seguente Telemaco convoca un'assemblea dei cittadini di Itaca e chiede loro di fornirgli una nave ed un equipaggio. Accompagnato da Atena (che stavolta ha assunto le sembianze del suo amico Mentore) fa quindi vela verso la casa di Nestore, il più venerabile dei guerrieri greci che avevano partecipato alla guerra di Troia, che aveva fatto ritorno nella sua Pilo. Da qui Telemaco, accompagnato dal figlio di Nestore, Pisistrato, si dirige via terra verso Sparta, dove incontra Menelao ed Elena che si sono alla fine riconciliati. Gli raccontano che erano riusciti a fare ritorno in Grecia dopo un lungo viaggio durante il quale erano passati anche per l'Egitto: lì, sull'isola incantata di Faro, Menelao aveva incontrato il vecchio dio del mare Proteo che gli aveva detto che Odisseo era prigioniero della misteriosa Ninfa Calipso. Telemaco viene così a conoscenza anche del destino del fratello di Menelao Agamennone, re di Micene e capo dei greci sotto le mura di Troia, che era stato assassinato dopo il suo ritorno a casa da sua moglie Clitennestra con la complicità dell'amante Egisto.Intanto Odisseo, dopo svariate peripezie delle quali dobbiamo ancora apprendere, ha trascorso appunto gli ultimi sette anni prigioniero sulla lontana isola Ogigia della Ninfa Calipso. Il messaggero degli dei Ermes la convince però a lasciarlo andare, e Odisseo si costruisce a questo scopo una zattera. La zattera, dato che il dio del mare Poseidone gli è nemico, fa inevitabilmente naufragio, ma egli riesce a salvarsi a nuoto toccando alla fine terra sull'isola Scheria sulla cui riva, nudo ed esausto, cade addormentato. Il mattino dopo, svegliatosi udendo delle risa di ragazze, vede la giovane Nausicaa che era andata sulla spiaggia accompagnata dalle sue ancelle per lavare dei panni. Odisseo le chiede così aiuto, ed ella lo esorta a chiedere l'ospitalità dei suoi genitori Arete e Alcinoo, re dei Feaci. Questi lo accolgono amichevolmente senza nemmeno, dapprima, chiedergli chi egli sia. Resta parecchi giorni con Alcinoo, partecipa ad alcune gare atletiche ed ascolta il cieco cantore Demodoco esibirsi nella narrazione di due antichi poemi.
    Il primo narra di un altrimenti poco noto episodio della guerra di Troia, "La lite tra Odisseo ed Achille"; il secondo è il divertente racconto della storia d'amore tra due déi dell'Olimpo, Marte e Afrodite. Alla fine Odisseo chiede a Demodoco di continuare ad occuparsi della guerra di Troia, e questi racconta dello stratagemma del Cavallo di Troia, episodio nel quale Odisseo aveva svolto la parte dell'indiscusso protagonista. Incapace di dominare le emozioni suscitate dall'aver rivissuto quei momenti, Odisseo finisce per rivelare la sua identità, ed inizia a narrare l'incredibile storia del suo ritorno da Troia (flash-back).
    Dopo aver saccheggiato la città di Ismaro, nella terra dei Ciconi, lui e le dodici navi della sua flotta persero la rotta a causa di una tempesta che si abbatté su di loro. Approdarono nella terra dei pigri Lotofagi e finirono per essere catturati dal Ciclope Polifemo riuscendo a fuggire, dopo aver subito gravi perdite, con lo stratagemma di accecargli l'unico occhio con un tronco d'albero appuntito, e di uscire dalla grotta del gigante appendendosi al suo gregge. Sostarono per un periodo alla reggia del signore dei venti Eolo, che diede ad Odisseo un otre di pelle che racchiudeva quasi tutti i venti, un dono che avrebbe garantito loro un rapido e sicuro ritorno a casa. I marinai, però, aprirono sconsideratamente l'otre mentre Odisseo dormiva: i venti uscirono insieme dall'otre, scatenando una tempesta che ricacciò le navi indietro da dove erano venute.
    Pregarono Eolo di aiutarli nuovamente, ma egli rifiutò di farlo. Rimessisi in mare finirono per approdare sulla terra dei mostruosi cannibali Lestrigoni: solo la nave di Odisseo riuscì a sfuggire al terribile destino. Nuovamente salpati , giunsero all'isola della maga Circe, che con le sue pozioni magiche trasformò in maiali molti dei marinai di Odisseo. Il dio Ermete venne quindi in soccorso di Odisseo e gli donò un infuso a base di erbe magiche, utile come antidoto contro l'effetto delle pozioni di Circe. In questo modo egli costrinse la maga a liberare i suoi compagni dall'incantesimo. Ulisse diventò poi l'amante di Circe, tanto che restò con lei sull'isola per un anno. Alla fine, i suoi uomini riuscirono a convincerlo del fatto che era giunto il momento di ripartire.
    Grazie anche alle indicazioni di Circe, Odisseo e la sua ciurma attraversarono l'Oceano e raggiunsero una baia situata all'estremo limite occidentale del mondo conosciuto. Lì, dopo aver celebrato un sacrificio in loro onore, Odisseo scese nel mondo dei morti, ed evocò lo spettro dell'antico indovino Tiresia affinché gli facesse da guida. Incontrò poi lo spettro di sua madre, che era morta di crepacuore durante la sua lunga assenza, ricevendo così per la prima volta notizie di quanto succedeva nella sua casa, messa in serio pericolo dall'avidità dei Proci. Incontrò poi molti altri spiriti di uomini e donne illustri e famosi, tra i quali il fantasma di Agamennone che lo mise al corrente del suo assassinio.
    Quando tornarono all'isola di Circe questa, prima della loro nuova partenza, li mise in guardia sui pericoli che li attendevano nelle rimanenti tappe del loro viaggio. Riuscirono a fiancheggiare indenni gli scogli delle Sirene e passare in mezzo alla trappola rappresentata da Scilla, mostro dalle innumerevoli teste, e dal terribile gorgo Cariddi, approdando sull'isola Trinacria. Qui i compagni di Odisseo – ignorando gli avvertimenti ricevuti da Tiresia e Circe – catturarono ed uccisero per cibarsene alcuni capi della sacra mandria del dio del sole Elio. Questo sacrilegio fu duramente punito con un naufragio nel quale tutti, tranne Odisseo stesso, finirono annegati. Lui fu spinto dai flutti sulle rive dell'isola di Calipso, che l'aveva costretto a restare con lei come suo amante per sette anni. Solo da poco era riuscito ad andarsene.
    Dopo aver ascoltato con grande interesse e curiosità la sua lunga storia i Feaci, che sono un popolo di abili navigatori, decidono di aiutare Odisseo a tornare a casa: nottetempo, mentre è profondamente addormentato, lo portano ad Itaca approdando in un luogo nascosto. Da qui riesce a raggiungere la capanna di quello che era un tempo uno dei suoi schiavi, il guardiano di porci Eumeo. Odisseo decide di fingersi un mendicante, in modo di riuscire ad ottenere informazioni su quanto sta succedendo nel suo palazzo e nel suo regno. Dopo aver cenato insieme, racconta ai suoi contadini e braccianti una falsa storia della sua vita. Dice loro di essere nativo di Creta e di aver guidato un gruppo di suoi conterranei a combattere a Troia al fianco degli altri Greci, di aver quindi trascorso sette anni alla corte del re dell'Egitto e di essere alla fine naufragato sulle coste tesprote e da lì venuto ad Itaca.
    Intanto Telemaco, che avevamo lasciato mentre si trovava a Sparta, fa vela verso casa e riesce a scampare ad un'imboscata tesagli dai Proci. Dopo essere sbarcato sulla costa di Itaca, va anche lui alla capanna di Eumeo. Finalmente il padre ed il figlio si incontrano: Odisseo si rivela a Telemaco (ma non ancora ad Eumeo) ed insieme decidono di uccidere i Proci. Dopo che Telemaco è tornato a palazzo per primo Odisseo, accompagnato da Eumeo, fa ritorno nella sua casa ma continua a restare travestito da mendicante. In questo modo osserva il comportamento violento e tracotante dei Proci, e studia il piano per ucciderli. Incontra per primo il suo cane Argo che lo riconosce e dopo un ultimo sussulto di gioia muore felice per aver rivisto il padrone, incontra poi anche sua moglie Penelope, che non lo riconosce, e cerca di capire le sue intenzioni raccontando anche a lei di essere cretese e che un giorno sulla sua isola aveva incontrato Odisseo. Incalzato dalle ansiose domande di Penelope, dice anche che di recente in Tesprozia ha avuto notizia delle sue più recenti avventure.
    La vecchia nutrice Euriclea capisce la vera identità di Odisseo quando egli si spoglia per fare un bagno, mostrando una cicatrice sulla coscia che si era procurato da bambino, ed egli la costringe a giurare di mantenere il segreto. Il giorno dopo, su suggerimento di Atena, Penelope spinge i Proci ad organizzare una gara per conquistare la sua mano: si tratterà di una competizione di abilità nel tiro con l'arco ed i Proci dovranno servirsi dell'arco di Odisseo, che nessuno a parte lui stesso è mai riuscito a tendere. Nessuno dei pretendenti riesce a superare la prova e a quel punto, tra l'ilarità generale, quello che è creduto un vecchio mendicante chiede di partecipare a sua volta: Odisseo naturalmente riesce a tendere l'arma e a vincere la gara, lasciando tutti stupefatti. Prima che si riprendano dalla sorpresa rivolge quindi l'arco contro i Proci e, con l'aiuto di Telemaco, li uccide tutti. Odisseo e il figlio decidono poi di far giustiziare dodici delle ancelle della casa che erano state amanti dei Proci e uccidono il capraio Melanzio che era stato loro complice. Adesso Odisseo può finalmente rivelarsi a Penelope: la donna esita e non riesce a credere alle sue parole, ma si convince dopo che il marito le descrive alla perfezione il letto che lui stesso aveva costruito in occasione del loro matrimonio.Il giorno dopo, insieme a Telemaco, va ad incontrare suo padre Laerte nella sua fattoria, ma anche il vecchio accetta la rivelazione della sua identità solo dopo che Odisseo gli ha descritto il frutteto che un tempo Laerte stesso gli aveva donato. Gli abitanti di Itaca hanno seguito Odisseo con l'intenzione di vendicare le uccisioni dei Proci loro figli: quello che sembra essere il capo della folla fa notare a tutti che Odisseo è stato la causa della morte di due intere generazioni di uomini ad Itaca, prima i marinai e coloro che l'avevano seguito in guerra dei quali nessuno è sopravvissuto, poi i Proci che ha ucciso con le sue mani. La dea Atena però interviene nella disputa e convince tutti a desistere dai propositi di vendetta.






    L'edizione pisistratea, comunque, non rappresenta un canone fisso. In seguito, infatti, convive con le successive edizioni scritte delle città greche di Massalia (odierna Marsiglia), Creta, Cipro, Argo e Sinope. Queste edizioni vengono dette "politiche" (dal greco κατά πόλεις, katà póleis), nel senso di appartenenti alle poleis, alle città.
    Esiste un'edizione pre-ellenistica di origine ignota, chiamata πολύστιχος (poliùsticos, letteralmente "con molte linee"), e che presenta un maggior numero di versi rispetto alla versione pisistratea: gli studiosi tendono a considerarla una versione "annacquata" da interventi operati da chi la tramandava oralmente.
    Esistono poi delle edizioni di cui si sa molto poco dette "personali" (dal greco κατ' άνδρα, cat'àndra), nel senso che appartenevano a uomini (àndra) illustri, come Antimaco di Colofone o Euripide (figlio del più famoso drammaturgo). Sembra non confermato il fatto che anche il filosofo Aristotele avesse un'edizione personale delle opere di Omero.


    Ulisse (o Odisseo, dal greco Ὀδυσσεύς, Odysseus), originario di Itaca, è uno degli eroi achei descritti e narrati da Omero nell'Iliade.
    Al contrario di Achille, personaggio principale dell'Iliade, che agisce dominato dagli istinti primordiali (l'Ira in particolare), Ulisse invece (uomo dal multiforme ingegno) ricorre sovente a stratagemmi e ai suoi molteplici talenti (è in grado di costruirsi una barca sull'isola di Calipso o di fare il cantastorie presso i Feaci, ad esempio).

    L'Odissea si svolge principalmente nel Peloponneso e nelle isole ioniche, ma identificare esattamente i luoghi visitati da Ulisse appare quasi impossibile, anche perché il testo offre in genere assai pochi spunti per identificare geograficamente i luoghi. Gli studiosi non sono nemmeno unanimemente concordi nell'identificare l'Itaca di Odisseo con la moderna Itaca, poiché le descrizioni geografiche e il numero di isole dell'arcipelago non corrispondono.
    Tradizionalmente si identifica nella Sicilia la terra dei Ciclopi e dei Lestrigoni, in una delle isole Eolie l'isola in cui Ulisse incontrò il dio Eolo, e in Corfù la terra dei Feaci, Scheria.
    Successivamente sono state proposti molti altri luoghi, la maggior parte di questi situati nell'area mediterranea, ma alcuni studiosi sono anche arrivati ad ipotizzare che Ulisse abbia raggiunto l'Oceano Atlantico o addirittura che tutta la sua vicenda si sia svolta nel Mar Baltico.

    http://it.wikipedia.org/wiki/Odissea_(Omero)
     
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