La Mitologia

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  1. Budrons
     
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    Mitologia (dal greco mythos e logein; letteralmente: discorrere in maniera razionale del racconto poetico) è il termine con cui si indica lo studio - riferito di frequente alle singole religioni - dei miti.
    Disciplina considerata fenomeno culturale assai complesso, la mitologia può essere analizzata sotto diverse prospettive; il suo corpus è comunque dato dall'insieme di narrazioni - quasi sempre orali, spesso letterarie - e da drammatizzazioni e rappresentazioni di tipo figurativo che mettono a fuoco le vicende di personaggi esterni al tempo inteso in senso storico.
    L'intersecarsi, il comporsi - ed anche lo scomporsi ed il successivo ricomporsi - delle vicende mitologiche - che è possibile vedere sotto una diversa prospettiva a seconda di una narrazione o rappresentazione rispetto ad un'altra - costituiscono il patrimonio di una determinata cultura.
    Le origini

    In genere, le civiltà antiche hanno considerato i loro miti come la memoria di avvenimenti realmente accaduti, spesso legati all'origine stessa del mondo. Soltanto civiltà dotate di una cultura già molto complessa e ricca sono giunte a mettere in dubbio la verità letterale dei miti, e quindi a domandarsi le ragioni e i modi della nascita di questi antichi racconti.
    Uno dei primi tentativi di rispondere a questa domanda si deve a Evemero, filosofo greco vissuto tra il IV e il III secolo a.C. Nell'interpretazione cosiddetta evemeristica, i miti sono in effetti resoconti di avvenimenti storici, che però, nel loro essere tramandati di generazione in generazione, sono stati via via enfatizzati. Secondo questa tesi (che ha sostenitori anche in tempi moderni), gli dèi del mito sono in realtà antichi re e guerrieri che col tempo sono stati, come si direbbe oggi, mitizzati e divinizzati.
    Sempre fra i filosofi greci, altri (per esempio Plotino e Porfirio) sostennero invece l'infondatezza storica del mito, asserendo che la mitologia andava considerata come un corpus di insegnamenti morali espressi in forma metaforica. Anche questa posizione generale ha ancora i propri sostenitori, sebbene in genere gli studiosi moderni concordino sul fatto che non tutti i miti hanno un significato morale.
    Nel XVII secolo, il letterato Giambattista Vico suppose che il mito fosse nato invece dall'incapacità di primi uomini di formulare concetti astratti, e che quindi si esprimevano con immagini figurate e poetiche.
    Nel XVIII secolo si diffuse una nuova teoria, secondo la quale tutti i miti avessero avuto origine dagli antichissimi culti del Sole (se ne trovano tracce dovunque, in tutto il mondo).
    In ogni modo i miti rappresentano un gigantesco sforzo, compiuto della mente umana, di conoscere (interpretare, cioè significare) il mondo (l'agire umano sia come singolarità individuale, sia come comunità: la storia).

    Dopo Freud
    Il primo passo lo fece il filologo Max Muller nel XIX secolo, affermando che i miti avessero avuto origine nel linguaggio, dunque il mito nella sua interezza era, semplicisticamente parlando, una descrizione poetica degli eventi naturali, e gli Dei i nomi che venivano dati a tali fenomeni. In questo però Muller non faceva che riprendere quanto già sostenuto nella Scienza Nuova da Vico. Ma una comprensione ancora più approfondita ci viene dallo studio di Sigmund Freud e dei suoi seguaci, primo fra tutti Carl Gustav Jung, tra la fine del XIX secolo e i primi anni del XX secolo.
    Secondo i loro studi, il mito nasce in seguito a due processi: il primo si può definire come un affacciarsi alla mente dell'uomo delle attività intellettive fondamentali, ossia la ricerca delle cause, i sentimenti contrapposti, le intuizioni, attività che prendono piede contemporaneamente. Il secondo processo opera una fusione della vita cosciente con la vita inconscia, ossia avviene un meccanismo simile a quello che avviene nei sogni.
    Questi due processi si integrano e si completano vicendevolmente: infatti, mentre il primo porta alla formazione di immagini "sintetiche", ossia immagini non direttamente stampate sulla retina dell'occhio, che racchiudono tutto quello che concerne una determinata idea, il secondo interviene, attingendo alla capacità di correlazione e sincretismo tra le varie attività del pensiero, per organizzare il primo processo, dando così origine al mito.
    Ad esempio, l'idea di "acqua" riunisce le idee di necessità, di causa prima, di fecondità, e di conseguenza il secondo processo interviene per creare la figura di un essere che ne rappresenti gli attributi e che operi di conseguenza. Nel momento in cui nasce il mito, la potenza diventa atto.
    Naturalmente questo non esclude il fatto che molti personaggi mitologici potrebbero essere realmente esistiti, anzi in alcuni casi ne abbiamo la quasi certezza: quello che è vero, è che probabilmente le loro imprese raccontate dai miti siano state romanzate, per i motivi di cui sopra, ed è certo che la mitologia è stata, specie nel passato, fonte di ispirazione nell'arte, sia in letteratura come nella pittura e nella musica.

    Mitologia come scienza

    Gli aspetti fondamentali del mito sono simili in ogni parte del mondo. Ad esempio Giorgio De Santillana ed Herta Von Dechend (in Il mulino di Amleto) affermano che la complessità della descrizione mitologica non ha nulla da invidiare alla complessità della scienza attuale. Attraverso il mito si scopre un messaggio importante per l'umanità che solo ora è possibile e necessario decifrare. L'autore afferma infatti che sia necessario affrontare una lettura "su più livelli" del mito. Ad esempio il Diluvio universale è un mito che si trova dovunque, in quasi tutte le antiche mitologie, anche in popoli geograficamente molto distanti. La prima ipotesi che si affaccia alla mente è che questo mito sia la descrizione di un'alluvione avvenuta in tempi remotissimi, il cui racconto fu tramandato oralmente e poi trascritto.
    Alcuni studiosi tuttavia credono che un mito come quello del Diluvio potrebbe essere molto più semplicemente nato dall'idea che le antiche popolazioni potevano avere dell'acqua: è innegabile che molte immagini risultano avere la stessa valenza in luoghi diversi (il fuoco e l'acqua la purificazione, il fulmine l'ira divina e così via), pertanto è possibile che l'idea di un'alluvione talmente devastante da costringere gli uomini a ricominciare da zero sia nata nelle diverse culture per diverse esigenze. Secondo questa ipotesi, piuttosto che un evento reale raccontato in modi diversi, le culture antiche avrebbero adattato una identica idea ai loro interessi, ai loro scopi; bisogna considerare che anticamente gli uomini erano molto più vulnerabili agli eventi naturali, e potrebbero aver scelto quasi indipendentemente un'inondazione come evento catastrofico. D'altra parte il primo Diluvio, raccontato nell'Epopea di Gilgamesh fu ripreso nell'Enuma Elish, e da qui si diffuse nella cultura greca e in quella ebrea, e da lì in tutto il mondo indoeuropeo.


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    caz da wikipedia ci sn buono anke io
     
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