Il licantropo come Dr. Jeckill e Mr. Hide

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    L'ipotesi schizzofrenica che un essere umano potesse avere una sorta di malattia, che lo rendesse "selvaggio" ed inconsapevole, innocente ai suoi stessi atti, quando era sotto questa sorta di incanto; era, ed è, affascinante.
    Quindi il dottor Frankenstein non era più nel laboratorio per creare una creatura da brandelli di cadaveri, ma inizia una sorta di studio sull'anatomia umana in modo da esaltarne i tratti bestiali.
    Si ha quindi un uomo che lotta contro se stesso, o meglio contro il suo essere oscuro che durante la notte di luna piena si muta e compie ogni possibile efferatezza.
    L'innocenza incolpevole e muta, contrapposta alla furia assassina, che non sempre agisce però soltanto in modo "impulsivo", spesso è anche fautore di vendette o una sorta giustiziere.
    La licantropia quasi come una tragedia greca annunciata, al sorgere della luna, l'uomo sa quale destino lo sta aspettando.
    Come il mite dottor Jeckill, il mannaro assiste impotente alla propria trasformazione, lotta contro di essa e soccombe, sotto il peso villoso della mutazione.
    L'uomo chiede aiuto, cerca amore e comprensione come antidoto alla propria condizione, ma per istinto licantropo cerca sempre di uccidere l'oggetto del suo amore.
    La condanna di non poter amare o di doversi sacrificare in nome di questo sentimento è anche questo che vince il licantropo, che pur di non uccidere l'essere di cui è innamorato accetta la morte o la prigionia nella sua forma animale, fino a dimenticare perfino di essere stato umano.

    http://www.vampiri.net/mannari_0007.html
     
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