Vampiri

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    "Vampiro" è un termine che deriva dal serbo-croato. Nel 1897 lo scrittore Bram Stoker pubblicò la storia del famoso vampiro Dracula, collocandolo in Transilvania per rispettare l'origine centro-europea della tematica vampirica.

    Il personaggio fu liberamente ispirato a Vlad III di Valacchia, detto "Tzepes" (l'impalatore) noto per aver fatto impalare decine di migliaia di persone. Era noto anche col soprannome di "Draculaea", da cui poi discese il nome "Dracula".

    Canini lunghi, pelle bianca come il marmo e una forte dose di sensualità sono le caratteristiche del vampiro. Si crede che essi odino l'aglio ed i crocifissi, che possano diventare pipistrelli, fumo, che gli specchi non riflettano la loro immagine e che possano essere fermati solo piantando nel loro cuore un paletto di legno di frassino, decapitandoli o bruciandoli. In realtà, di leggende sui "non-morti", se ne trovano già nel XII secolo ed in ogni cultura e tradizione. Nell'antichità venivano fatte periodiche offerte alimentari per saziare la fame dei vampiri. Talvolta le provviste venivano chiuse direttamente nelle tombe.

    Ci sono varie testimonianze sul fatto che queste venissero davvero utilizzate. Ne è un esempio il trattato "DE MASTICATIONE MORTUOREM IN TUMULIS", DI M. Raufft, riguardante l'attività manducatoria nei sepolcri. Fin dall'epoca dei romani, presso le tribù barbariche germaniche, era usanza sotterrare i morti con le membra legate con dei lacci (numerose sono le testimonianze archeologiche), perché anche presso questi popoli era diffusa l'idea che il morto potesse ridestarsi dal suo sonno e ritornare tra i vivi per vendicarsi.
    La tipologia del non-morto varia da popolo a popolo, e il nome ha diverse varianti. "Mjertovjec" è il vampiro nella Piccola Russia, "Upir" quello polacco, "Vrukolaka" quello rumeno, greco e morlacco. Per i serbi è detto "Vurdalak", per gli albanesi "Sampir", per i bulgari "Norferat"... In "Carmilla", del 1870, lo scrittore Sheridan Le Fanu traccia il ritratto di una giovane vampira bellissima e misteriosa, che alla fine del racconto si rivela una contessa deceduta da tempo. Fu quest'opera a spingere Bram Stoker a fare ricerche per il suo Dracula. Come è noto, i vampiri succhiano il sangue delle persone per rigenerarsi. Fin dall'antichità infatti, il sangue è stato visto come un liquido rigeneratore, capace di ridare energia fisica e la bellezza del corpo nella vecchiaia. Molte erano le persone che in passato usavano fare bagni in vasche di sangue per questi motivi. La più nota è la contessa ungherese Erzbeth Bathory del XVIII secolo, la quale era solita torturare le sue ancelle e fare bagni ristoratrici nel loro sangue. Anche lei (personaggio realmente esistito) può essere considerata in un certo senso una vampira.



    COS'È UN REAL VAMPIRE

    Il termine RV (Real Vampire) o HLV (Human Living Vampire) indica una categoria di esseri umani e mortali, che presentano tutti una caratteristica comune: il bisogno di energia. Questa viene generalmente acquisita sotto forma di sangue (sanguinari) o di energia psichica (psi vampires). Il cosiddetto "vampiro" è una persona che avverte la necessità di assumere dagli altri, e che avverte malessere quando questo non è possibile. Questo bisogno, che si manifesta in forme differenti a seconda dei casi e dei singoli individui (alcuni avvertono disagio psicologico, altri invece manifestano sintomi fisici) prende il nome di "Sete". Ogni singolo vampiro è differente, con delle peculiarità proprie. È tuttavia possibile elencare, al di là della Sete, alcune delle caratteristiche più comuni ai real vampires: prima fra tutte è l'avversione per la luce solare. Spesso infatti un RV riporta scottature o irritazioni a seguito dell'esposizione al sole, e in alcuni casi avverte anche emicrania, nausea, vertigini. La parte generalmente più sensibile alla luce di un HLV sono gli occhi, che possono lacrimare, risultare arrossati, irritati o addirittura gonfi in presenza di troppo sole. Un vampiro è in genere molto più attivo durante le ore di buio: molti RV sono iper-attivi durante la notte, e non avvertono stanchezza e sonno, che invece sono molto forti durante il giorno. Un'altro punto comune a molti vampiri è uno sviluppo al di sopra della media di uno o più sensi: molti RV, ad esempio, possono vedere nettamente meglio di un individuo medio, soprattutto in condizioni di scarsa illuminazione; altri hanno un udito particolarmente sensibile, e riescono a percepire suoni a frequenze che la maggior parte delle persone non avverte o non distingue. Dal punto di vista psicologico, infine, molti vampiri presentano un carattere instabile, con frequenti sbalzi d'umore che li portano ad alternare momenti di profonda depressione ad altri di accesa allegria e vitalità. Le caratteristiche elencate sono solo alcune di quelle presentate dai differenti RV, in particolare le più diffuse e comuni; ciò che rende un vampiro tale, tuttavia, è la Sete: se un individuo non avverte necessità di nutrirsi, di sangue oppure energia, non può essere considerato un "vampiro".

    COME OTTENGONO SANGUE

    Le tecniche elencate sono le principali, che possono poi venir impiegate con variazioni a seconda delle personali preferenze di ogni Real Vampire. Le Lamette sono le più usate. Tuttavia, vengono usati anche altri metodi, come l'uso di lame in genere, di siringhe e tramite il tradizionale morso (ma è poco usato, in quanto provoca dolore e infezioni). C'è da sottolineare il fatto che i RV non mordono persone non consenzienti. Inoltre, essi cercano fare loro il meno male possibile. Per questo, si usano le lamette, procurano relativamente poco dolore al donatore. Le ferite prodotte dalle lamette, si richiudono in modo piuttosto rapido, poiché sono sottili e definite, di certo da preferire a quelle lasciate da coltelli, forbici ed altri oggetti meno taglienti. Il donatore deve essere sempre comunque consenziente. Donare e bere sono sempre vissuti come piaceri per entrambi i partecipanti. Prima di bere sangue o donarne, i partecipanti eseguono sempre un esame del sangue su entrambi, vampiro e donatore, per evitare la trasmissione di malattie oppure malessere fisico. Anche l'igiene è importante, i RV di norma non usano mai le stesse siringhe. I Real Vampires che praticano incisioni o prelievi non sono mai sprovveduti. Normalmente, conoscono bene l'anatomia umana, in quanto i tagli sul collo o sui polsi possono molto facilmente portare complicazioni. Il sangue mestruale può essere assunto da un RV, ma di solito si tende ad escluderlo, in quanto non è puro, ma misto ad altre sostanze organiche.

    IL "RISVEGLIO"

    Il termine "risveglio" (o il suo corrispettivo inglese "awakening") viene impiegato per definire quel periodo in cui un real vampire si rende conto di essere tale. Il risveglio di un vampiro, dicono le statistiche condotte tra i propri iscritti da alcuni dei più famosi siti americani riguardanti il mondo degli HLV (Human Living Vampire = Real Vampires), avviene in generale nel periodo della pubertà, ed accompagna lo sviluppo fisico e mentale che segna il passaggio dall'età dell'infanzia a quella adulta. Secondo altri pareri invece, il periodo in cui un Real Vampire si risveglia è soggettivo, variabile da persona a persona sia come collocazione temporale che come durata; sarebbe infatti influenzato dall'ambiente, dalle amicizie e dai molti fattori che accompagnano lo sviluppo mentale e sociale dell'individuo. Ma come inizia il risveglio, e quali sono i fattori che lo stimolano? Molti vampiri non sanno dare una risposta a questa domanda; il risveglio inizia come un processo silenzioso, spesso senza motivo apparente, senza un fattore scatenante. Molti HLV raccontano di aver sempre sentito una diversità, di aver sempre in qualche modo saputo di non essere completamente "umani", ma ammettono di non poter fornire una motivazione esauriente a questa consapevolezza. Molti altri affermano invece che, lentamente, il fastidio provocato dal sole, l'aumento di attività durante le ore notturne ed il desiderio di nutrirsi di sangue siano comparsi a cambiare la loro esistenza diurna ed assolutamente "normale". I sintomi di vampirismo mostrati al momento del risveglio, spesso tendono ad accentuarsi e farsi più sensibili con il passare del tempo, ma è anche vero, come molti RV affermano, che divengono meglio mascherabili e gestibili con l'esperienza e l'abitudine, entrando a far parte della quotidianità.

    LA SINDROME DI RENFIELD

    La sindrome di Renfield, descritta per la prima volta dallo psicologo Richard Noll, si sviluppa nella maggior parte dei casi attraverso tre fasi: inizialmente, di solito durante l'infanzia, viene praticato l'auto-vampirismo. Chi ne e' affetto cioè si infligge ferite per poterne bere del sangue, il cui sapore e la cui visione provocano piacere; dopo la pubertà la pratica viene spesso accompagnata da masturbazione. La seconda fase della malattia, vede invece svilupparsi nel soggetto la zoofagia: il desiderio cioè di cibarsi di animali, in particolare di berne il sangue. Il malato, in una buona percentuale di casi, accompagna i propri gesti con pratiche sessuali. La fase conclusiva della sindrome infine, porta chi ne è affetto a desiderare sangue umano; il malato può procurarselo con il consenso della vittima, ma in alcuni casi si verifica ricorso a violenza e, all'estremo, addirittura omicidio. La componente sessuale associata al sangue è molto forte nella maggioranza dei casi; inoltre si possono verificare anche associazioni di orientamento più spirituale, che identificano nel sangue una fonte di vita e potere. La maggioranza dei soggetti colpiti dalla sindrome di Renfield sono di sesso maschile, e sviluppano la malattia a causa di un forte trauma subito in genere nell'età infantile. Esistono molti elementi che differenziano un HLV da una persona soggetta alla sindrome descritta sopra: innanzitutto, molti Real Vampires affermano di non essere in alcun modo sessualmente eccitati nei momenti in cui ottengono sangue. Bere sangue porta piacere, ma nessun RV trova questa sensazione assimilabile a quella data da un rapporto sessuale; piuttosto molti la esemplificano paragonandola quella provata quando, avendo molta fame, si assaggiano i primi bocconi di cibo. Più che uno stimolante, il sangue per un HLV sembra essere un qualcosa che calmi un bisogno dunque. Oltre a questo, la maggioranza dei Real Vampires non si nutre di sangue animale, e non attraversa la fase di zoofagia. Alcuni affermano inoltre di non aver mai attraversato nemmeno la fase di auto-vampirismo, non trovano alcuna attrattiva nel proprio sangue; molti altri invece, pur desiderando il sangue di un donatore, ricorrono alla pratica dell'auto-vampirismo quando non è possibile ottenerne. Mentre nella sindrome di Renfield però le fasi sono successive, e dunque irreversibili, molti RV testimoniano un'oscillazione tra le due, assumendo sangue proprio solo casi estremi. La sindrome di Renfield colpisce principalmente soggetti maschili, mentre all'interno dei Real Vampires non vi è la dominanza netta di uno dei due sessi.






    Due tombe, per quattro defunti: furono inumati senza onoranze funebri e in posizione prona, con un macigno addosso.
    L’inquietante ipotesi degli antropologi: erano reietti che non dovevano assolutamente tornare tra i vivi.

    VAMPIRI A TRANI
    (di Giacomo Annibaldis)

    "Vampiri" nell’antica Trani. E ciò che hanno sospettato archeologi e antropologi di fronte alle due sconcertanti tombe iapigie emerse a Capo Colonna. Qui qualcosa di unico nella storia degli scavi in Puglia - nonché della ritualità funebre antica - si è parato davanti agli occhi dell’archeologa Ada Riccardi della Sovrintendenza. Nella sepoltura più piccola era deposto un cadavere in posizione prona, inginocchiato, schiacciato da un lastrone piazzatogli sulla spalla; nel secondo sepolcro, invece, tre erano i defunti, anch’essi inumati, ognuno con un proprio masso addosso.

    Lo scavo è stato condotto dalla Riccardi nel 2001. Ma la notizia, per evidente cautela, non era trapelata finora.

    Durante gli scavi precedenti effettuati negli anni ‘70 a Capo Colonna, la penisoletta di Trani dove sorge il bel Monastero che sarà sede museale, non erano emerse sepolture: si trovarono invece tracce di insediamenti dell’età del Bronzo e anche fondi di capanna dell’età del Ferro, delimitate da un fossato. Furono recuperati reperti tardo-elladici e micenei (secondo la testimonianza dell’archeologo di allora: ma nessuno li ha mai visti, né sembra siano stati mai pubblicati!). Lo scorso anno però si ripresero le indagini in una zona limitrofa e riaffiorarono strutture di ambienti, con un cortile che doveva essere in origine lastricato (lo si deduce dal "vespaio" di ciottoli di mare disseminati, che avrebbero dovuto formare il sottofondo). Le pareti di questo edificio presentavano una originalità. i paramenti esterni dei muri erano costituiti da lastroni infissi verticalmente nel terreno. Una tecnica costruttiva mai attestata per l’antica Peucezia (o per la Daunia, visto che Trani allora sorgeva sul confine tra queste due popolazioni). D’altronde si doveva trattare, quasi certamente di un luogo di culto.

    In questi ambienti sono riaffiorati frammenti di ceramica iapigia (un’olla ed altri cocci di vasi) che rimandano a una decorazione tipicamente daunia. Stravagante è il disegnino di uno dei frammenti, che raffigura un bipede con una voluminosa cresta, nonché una lunga coda da rettile. Il loro "stile" indica con ogni verosimiglianza la datazione dell’intero insediamento e quindi delle tombe. Tutto dunque farebbe pensare alla fine del IX o all’inizio dell’VIII secolo avanti Cristo.

    Una fossa circolare fu scavata accanto alla parete dell’edificio maggiore. A che cosa servisse? Resta per ora una domanda senza risposta; e ancora più intrigante è aver constatato che nell’interno del pozzetto fossero stati infisse delle pietre. Certo un rito, di cui ci sfugge il senso.

    Tuttavia il culmine del mistero di questo scavo a Capo Colonna non è certo la fossa, quanto le due tombe: che di per sé costituiscono una eccezionalità per questa epoca. Una di esse è all’interno all’edificio, l’altra, più piccola, è esterna, si direbbe nel "cortile".

    Come si è detto, in quest’ultima sepoltura fu deposto - ben duemila e ottocento anni fa - un uomo in una posizione ben strana: quasi inginocchiato, prono, con addosso un lastrone. Identica fine fu riservata ai tre defunti ammassati nella tomba più vasta, anch’essi seppelliti con un macigno addosso. Il primo è un adulto maschio - ci dice il prof. Vito Scattarella del Dipartimento di Zoologia, sezione Antropologica dell’Università di Bari, che con il dottor Sandro Sublimi Saponetti stanno studiando i resti ossei. Gli altri sono due adulti dai venti ai quarant’anni e un ragazzo di quindici anni. L’indagine prosegue, ma nessun segno traumatico è ancor apparso sulle ossa: il che escluderebbe, per ora, una morte violenta, inflitta loro dalla comunità, che pure volle punire questi morti per l’eternità.

    Che si trattasse di sepolture di reietti era emerso da vari indizi: non solo l’imposizione dei massi, ma anche la mancanza di qualsiasi elemento a corredo funebre: neppure un frammentino di ceramica fu adagiato nelle tombe. Eppure i loro corpi non furono lasciati insepolti o gettati in mare. Oltre al sasso, i corpi furono coperti da terreno, e le tumulazioni furono sigillate con un lastrone di pietra. È quasi esplicita in un siffatto rituale la volontà di impedire ai defunti un ritorno tra i vivi. E a un fenomeno di "vampirismo" hanno pensato gli antropologi baresi Scattarella e Sublimi. Le deposizioni di Trani, pur essendo uniche in Italia, hanno dei riscontri con altre scoperte dagli archeologi nel nord della Grecia: fu la studiosa greca Anastasia Tsaliki (ora docente in Inghilterra) a rivelare in alcuni congressi di antropologia la permanenza di rituali funebri di questo genere, dall’età neolitica fino ai giorni nostri. Il masso imposto al defunto doveva impedire che, egli tornasse a portare scompiglio nella comunità dei vivi. Naturalmente quando si parla di "vampirismo" non ci si vuol riferire al mondo dell’orrore, come lo intendiamo oggi. E tuttavia questi trapassati dovevano essere affetti da morbi connessi con la manifestazione del sangue, sostengono gli antropologi: quali la fotofobia, la porfiria, la tubercolosi polmonare, la rabbia ecc...

    Su quali fonti letterarie o documentali dell’antichità si basi questa convinzione, non è dato ancora sapere con precisione. Ma certo, l’indagine non finisce qui, e di queste sepolture si continuerà a parlare.

    Macigni, ritorni dal mondo dei morti… Un nesso non nuovo: il più immediato riscontro che il mito può fornirci - se vogliamo stare al gioco - è quello di un celebre "revenant": Sisifo. L’astuto fondatore di Corinto, che aveva incatenato la Morte, e una volta defunto aveva ingannato anche gli dèi degli inferi ed era tornato a vivere (uno dei rarissimi casi di "zombi" nel mito) fu punito con un masso da sospingere per l’eternità. Perché aveva osato l’impossibile "ritorno".

    Giacomo Annibaldis

    La coincidenza

    Qui Davanzati scrisse nel ‘700 il suo trattato "sopra i vampiri".

    È solo una coincidenza. Ma è stravagante che si parli di "vampirismo" nell’antica Trani, nella città in cui fu "incubato" - duemilacinquecento anni dopo l’inumazione di questi defunti iapigi - il primo trattato completo sui "revenants": quella "Dissertazione sopra i vampiri" scritta nel 1739-40 da Giuseppe Davanzati, che di Trani era in quegli anni arcivescovo e vi mori nel 1755 (era nato a Bari nel 1665). La "Dissertazione" era un’anatomia completa e illuministica non solo del diffuso fenomeno del vampiro, ma di tutto il luna park dell’orrore. Pubblicata postuma nel 1774 dal nipote Forges Davanzati, è stato riproposta nel 1998 da Besa editrice.



    preso da : http://www.croponline.org/realvampires.htm

    Edited by ° Angelus ° - 18/5/2008, 22:55
     
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