Ecco la vita artificiale: costruita la prima cellula "comandata" da un genoma sintetico

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    Ecco la vita artificiale: costruita la prima cellula "comandata" da un genoma sintetico
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    I cerchiolini blu indicano le colonie batteriche in cui il trapianto di genoma artificiale ha avuto successo. Sotto, in bianco e nero, una colonia di batteri "artificiali"alla micrografia elettronica.
    Immagini: © Science/AAAS Per 15 anni, Craig Venter ha inseguito un sogno: costruire un genoma da zero e utilizzarlo per costruire la vita sintetica. Oggi sembra essere riuscito a realizzarlo: ha creato un genoma sintetico e lo ha trasferito con successo in un batterio, dal quale ha tolto il Dna naturale. Ha costruito così Mycoplasma mycoides JCVI-syn1.0, il primo batterio controllato da un genoma sintetico.
    La nascita della prima colonia batterica dal genoma interamente sintetizzato da macchine di laboratorio risale a un mese fa, un microscopico grumo di cellule blu, apparentemente insignificanti, ma la rivista scientifica Science ne dà notizia con grande enfasi solo ora, alle 20 del 20 maggio. Artefici i tre moschettieri della vita artificiale, Craig Venter, Clyde Hutchinson III e Hamilton Smith, biologi molecolari del Jcvi (J Craig Venter Institute). È loro anche questo progresso verso la creazione di una vita veramente sintetica, che, promettono, è l’alba di una Genesi dell’uomo.

    La vita progettata in laboratorio


    «È la prima cellula sintetica fabbricata dall’uomo e la chiamiamo sintetica perché è derivata interamente da un cromosoma sintetico, costruito con 4 bottiglie di 4 diverse sostanze chimiche, le basi della vita, e un sintetizzatore chimico, il tutto manovrato da un computer che detta le istruzioni della sequenza » spiega Venter. «Queste apparecchiature oggi sono diventate potentissime e ci consentiranno in futuro di progettare quello che vogliamo. Abbiamo già in mente un lungo elenco di applicazioni». Fra le quali alghe capaci di catturare la CO2, microbi per produrre nuovi carburanti o nuove sostanze chimiche, velocizzare la produzione di vaccini, ripulire acque o suoli inquinati. Applicazioni che Venter ha già brevettato.

    Un decennio di lavoro e contrattempi


    Il lavoro è stato tutt’altro che semplice. Per non parlare dei contrattempi: nel procedimento una base sbagliata (una sola lettera chimica) sulle 10.001.080 del genoma batterico artificiale ha rallentato per ben 3 mesi la “creazione” costringendo i ricercatori alla faticosa ricerca dell’errore perché il microbo viveva, ma non faceva nulla: non si moltiplicava e non produceva proteine. Fortunatamente la base sbagliata è stata individuata e corretta e la colonia ha preso vita e adesso si comporta come il batterio naturale copiato.
    Colla naturale
    Colla naturale. I ricercatori hanno inserito nel lievito gli spezzoni di Dna del M. mycoides per "incollarli" tra loro. Uno spezzone di 1080 basi si assembla in una stringa di 10 mila basi. Queste, reinserite nel lievito, formano una stringa 100 mila basi. Le 100 mila, nuovamente messe nel lievito, portano all'intero genoma composto di 1077 kilobasi (1.007.947 basi).
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    COME SARÀ UTILIZZATO?



    Un batterio con geni sintetici, costruiti ad hoc, può fare molte cose. Secondo Venter potrebbe produrre idrogeno o altre fonti di energia non inquinante per il futuro, a basso costo. Oppure assorbire CO2. O ancora servirà a costruire nuovi vaccini per l'influenza. L'unico limite all'utilizzo di questa scoperta, spiega Venter, «è la nostra immaginazione».
    Il problema però non è come sarebbe possible utilizzarlo, ma come sarà effettivamente utilizzato. Anche quando arrivarono gli Ogm si disse che avrebbero reso verde il deserto, e sarebbero diventate coltivabili anche le terre troppo saline. Ma finora dai laboratori sono usciti solo semi resistenti agli erbicidi prodotti dalle aziende di agrobiotecnologie: uno spreco di ricerca quindi.
    La vita artificiale sarà dunque un'altra promessa mancata della ricerca più estrema?

    Al mercato del Dna


    Il genoma sintetico del batterio è la copia pedissequa di un genoma già esistente in natura, quella del Mycoplasma mycoides (M. mycoides). In prima battuta, i ricercatori hanno comprato sul mercato migliaia di spezzoni del genoma artificiale del M. mycoides riducendolo ai minimi termini cioè privandolo di 14 geni apparentemente non necessari.
    Tuttavia, le attrezzature oggi disponibili sono in grado di assemblare solo stringhe di Dna corte, mentre il genoma del M. mycoides è lungo oltre un milione di basi. Come superare questo ostacolo? Come incollare uno spezzone all’altro? I ricercatori sono ricorsi alla natura: il lievito possiede enzimi riparatori che incollano uno spezzone all’altro. I ricercatori hanno quindi inserito i loro spezzoni di Dna batterico nel lievito per ben tre volte, affidando alla natura il compito di legare uno spezzone all’altro fino ad avere il cromosoma batterico intero.

    Nuova vita ai batteri


    Infine hanno estratto il cromosoma naturale da un M. capricolum e vi hanno inserito il cromosoma dell’M. mycoides, che si è preso carico della parete cellulare e di tutte le sue strutture interne e ha cominciato a utilizzare le strutture dell’M capricolum per sintetizzare le proteine dell’M mycoides e farlo moltiplicare. «Abbiamo chiaramente trasformato una cellula in un’altra» spiega Venter.

    Limiti e pericoli


    E le potenziali applicazioni criminali? Per ora sono impensabili: il procedimento è troppo complesso perché possa essere utilizzato per esempio da bioterroristi. La produzione di questa nuova forma di vita è costata 40 milioni di dollari e il lavoro di 20 ricercatori impegnati a tempo pieno per oltre un decennio.
    «Ci sono grandi difficoltà da superare prima che l’ingegneria genetica sia in grado di ridisegnare, mescolare, inventare il genoma di un organismo dal nulla» ha detto Paul Keim genetista molecolare della Northern Arizona University di Flagstaff alla rivista Science. Ma un altro passo verso la nuova Genesi artificiale è stato fatto.
     
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