Liberazione dalla morte

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    La nostra ricerca riguarda la salvezza dalla nostra natura fisica (o corpo fisico) mediante il processo della morte. Due cose devono essere tenute presenti nel cercare di studiare i mezzi per tale salvezza.
    Primo: per natura corporea intendo la personalità integrata, o tutto ciò che si riferisce alle facoltà del corpo fisico, del veicolo eterico o vitale, alla materia o stato di essere della natura del desiderio e delle emozioni, e alla sostanza mentale. Tutto ciò insomma che costituisce gli involucri o forme esteriori dell'anima incarnata. La coscienza talvolta si focalizza in uno, talvolta in un altro di questi involucri o veicoli e talvolta si identifica con l'anima. L'essere umano che ha raggiunto uno stadio di evoluzione media lavora con facilità ed è autocosciente nel corpo fisico e nel corpo astrale. L'uomo più evoluto raggiunge il dominio del suo apparato mentale, sebbene solo in alcuni dei suoi aspetti, come le facoltà mnemoniche e quelle analitiche. Talvolta perviene a unificare questi tre aspetti, fisico, astrale e mentale, con una personalità che funziona coscientemente. L'aspirante comincia a comprendere in parte il principio di vita che anima la personalità mentre il discepolo utilizza l'anima, la mente e il cervello, e quindi comincia a lavorare con il suo apparato soggettivo o aspetto energia.
    Secondo: la salvezza si ottiene per mezzo della retta comprensione dell'esperienza mistica chiamata morte. Questo infatti sarà il nostro tema: il soggetto è così immenso, che ci limiteremo per ora a parlare della morte del corpo fisico. Prima di tutto definiamo questo misterioso processo a cui tutte le forme sono soggette e che rappresenta spesso la temuta fine, temuta perché non è compresa. La mente dell'essere umano è così poco sviluppata che il timore dell'ignoto, il terrore di quel che non è abituale e l'attaccamento della forma hanno prodotto una situazione in conseguenza della quale una delle più benefiche circostanze nel ciclo di vita di un figlio di Dio incarnato è considerata come qualche cosa da essere evitato e prorogato il più a lungo possibile. La morte, se possiamo intenderlo, è una delle nostre più pratiche attività. Siamo morti molte volte e morremo ancora di nuovo. La morte riguarda essenzialmente la coscienza. Siamo consci, a un dato momento, sul piano fisico e un momento dopo siamo passati su un altro livello di esistenza nel quale siamo attivamente coscienti. Finché la nostra coscienza si identificherà con la forma, la morte conserverà per noi il suo antico aspetto terribile. Non appena ci saremo riconosciuti quali Anime, e saremo capaci di localizzare la nostra coscienza e il nostro senso di consapevolezza in qualsiasi forma o in qualsiasi livello di vita, a volontà, o in qualunque direzione, dentro la forma di Dio, sapremo che non esiste morte. Per l'uomo ordinario, la morte è una catastrofe che implica la fine di tutti i rapporti umani, la cessazione di ogni attività fisica, lo spezzarsi di tutti i legami di amore, di affetto e il passaggio non voluto (al quale ci si ribella) nell'ignoto e nel temuto. Ciò è analogo all'abbandonare un ambiente illuminato e riscaldato che ci è amico e familiare, in cui i nostri cari sono riuniti, per uscire all'aperto in una notte fredda e buia, soli e invasi dal terrore, sperando il meglio ma senza alcuna certezza. Ma gli uomini dimenticano che ogni notte, nelle ore del sonno, noi moriamo al mondo fisico e siamo vivi e attivi altrove. Essi dimenticano di avere già acquistata la facoltà di abbandonare senza difficoltà il corpo fisico, ma poiché non possono riportare nella coscienza del cervello il ricordo di quel passaggio e del successivo periodo di attività, essi non sanno stabilire un rapporto tra morte e sonno. La morte, dopo tutto, è solo un più lungo intervallo fra due periodi di attività nel piano fisico; l'uomo è soltanto andato via per un lungo tempo. Ma il processo del quotidiano sonno e quello della morte sono identici, con la sola differenza che nel sonno il filo magnetico (corrente di energie lungo la quale la forza vitale scorre) è conservato intatto e costituisce la via del ritorno nel corpo che, privato di questo principio di coesione, finirebbe per disintegrarsi e disgregarsi. Il proposito o volere dell'anima (la determinazione di essere e di fare) utilizza il filo dell'anima, cioè la corrente vitale quale suo mezzo di espressione nella forma. Quando si incarna, questa corrente vitale si differenzia in due correnti, o fili, e si fissa, o si àncora, in due punti del corpo. Uno di questi fili è ancorato in un punto del cervello, nella zona della ghiandola pineale. È l'aspetto cosciente che fa dell'uomo un essere razionale. L'altro aspetto si àncora al cuore ed è il principio di coesione, che vivifica ciascun atomo del corpo. L'anima, ancorata nel cervello, rende l'uomo cosciente in vario grado del mondo in cui vive in rapporto al punto di evoluzione raggiunto e al conseguente sviluppo del suo strumento o veicolo di manifestazione. Questo strumento ha una triplice espressione: i sette centri di forza, il sistema nervoso, infine il sistema endocrino che può essere considerato come l'aspetto più denso e l'estrinsecazione dei due precedenti. La parte che ha sede nel cuore è il principio vitale, il nucleo centrale dell'energia positiva grazie al quale tutti gli atomi che compongono il corpo sono tenuti al loro giusto posto. Questo principio vitale utilizza la corrente sanguigna quale mezzo di espressione e quale agente dominante, e dato lo stretto rapporto esistente fra il sistema endocrino e il sangue, abbiamo i due aspetti dell'attività dell'anima uniti in modo da fare dell'uomo una vivente e cosciente unità. La morte è letteralmente il ritirarsi delle correnti di energie dal cuore e dalla testa e di conseguenza produce la completa perdita della coscienza del corpo e la sua disintegrazione. La morte differisce dal sonno, in quanto in essa entrambe le correnti di energia vengono ritirate. Nel sonno invece si ritrae soltanto il filo di energia ancorato nel cervello, e quando ciò avviene l'uomo perde la coscienza. Nella morte, entrambe le correnti di energia sono ritirate e unificate nel filo della vita. La vitalità cessa di penetrare dentro la corrente sanguigna e il cuore cessa di funzionare, come il cervello cessa di percepire: così si produce il silenzio. La casa è vuota. L'attività cessa, eccettuata quella mirabile e immediata attività che è prerogativa della materia e dimostra che egli è parte della natura. In questi tre termini: vivere, muoversi, essere, è racchiuso tutto. La morte è un evento che si produce sotto la direzione dell'Ego, anche se l'uomo potrebbe non esserne conscio. Nella maggioranza, quel processo avviene automaticamente, poiché quando l'anima ritrae la sua attenzione, l'inevitabile reazione nel mondo fisico è la morte, sia la morte completa dovuta all'astrazione del filo di energia mentale, mentre la corrente vitale continua a funzionare attraverso il cuore, ma senza intelligente consapevolezza. L'anima è occupata altrove, nel proprio piano, per i propri compiti. Nel caso di esseri umani altamente evoluti abbiamo spesso un senso di previsione della morte, derivante dal contatto con l'Ego e dalla consapevolezza dei suoi desideri. In tal caso vi è talvolta la conoscenza del giorno della morte, mentre fino all'ultimo istante del ritiro perdura l'auto-determinazione. Quando si tratti di iniziati vi è molto di più: l'intelligente comprensione delle leggi dell'astrazione rende colui che sta facendo la transizione capace di ritirarsi fuori del corpo fisico coscientemente e in piena e vigile consapevolezza, e in tal modo funzionare nel mondo emotivo astrale. Questo implica la continuità di coscienza, si che fra il senso di consapevolezza del mondo fisico e quello dello stato post mortem non vi sia alcuna interruzione. L'uomo sa che egli è quale era prima, sebbene privo di un apparato con il quale prendere contatto con il mondo fisico denso. Egli rimane cosciente dei sentimenti e dei pensieri di coloro che ama, sebbene non possa percepire il corpo fisico denso e aver contatto con essi. Egli può comunicare con essi nel mondo astrale, e telepaticamente per mezzo della mente, se fra lui e loro vi è un rapporto, mentre ogni comunicazione che implichi l'uso dei cinque sensi fisici di percezione gli è necessariamente preclusa. E’ utile ricordare però che, emotivamente e mentalmente, il rapporto può essere più intimo e sensibile di prima, perché liberato dall'ostacolo del corpo fisico. Due fatti tuttavia impediscono tale rapporto: l'intenso dolore e le violente emozioni di coloro che sono rimasti nel mondo fisico, e nel caso di un uomo mediocremente evoluto l'ignoranza delle nuove condizioni in cui egli si trova, oltre allo sbigottimento che egli prova di fronte ad esse, per quanto tali condizioni, anziché nuove, siano in realtà già note, solo che egli potesse rendersene conto. Quando gli uomini avranno superato la paura della morte e acquistata la comprensione del mondo post mortem non basata sull'allucinazione e sull'isteria o sulle conclusioni spesso ignorantissime di un medium ordinario, il quale parla sotto il dominio della forma-pensiero costruita da lui stesso e da coloro che partecipano alla seduta, il processo della morte sarà dominato opportunamente. Lo stato di coloro che rimangono sarà diligentemente curato, si che il rapporto non venga interrotto e non vi sia un erroneo dispendio di energia. Vi è una grande differenza fra il metodo scientifico con cui è assistita la nascita e il modo del tutto cieco e ignorante, e spesso pieno di paura, con cui si assistono coloro che lasciano questo mondo. Io cerco di aprire la porta a un più nuovo e scientifico metodo con il quale aiutare il procedimento del trapasso. Intendo sostenere un sano modo di accostarsi alla morte e di consigliare, quando è esaurita la sofferenza, o è sopravvenuta la calma, che sia lasciata al moribondo la possibilità di prepararsi al grande trapasso, anche se egli fosse incosciente. Non dimenticate che la sofferenza sussiste soltanto fino a che vi sia vitalità e uno stretto rapporto con il sistema nervoso. Vi è possibile concepire un'epoca in cui la morte sarà un finale trionfante della vita? Voi direte che per ora esiste soltanto fede nell'immortalità, ma nessuna prova sicura. Ma la speranza cederà il posto alla convinzione e alla conoscenza. Nel frattempo, dovrebbe venire coltivato un nuovo atteggiamento verso la morte e creata una nuova scienza della morte. Questa non dovrà più essere qualche cosa che sfugge al nostro dominio e che necessariamente ci vince, ma cominceremo a regolare il nostro passaggio all'altro lato del velo e a comprendere la tecnica di tale transito.

    Quattro regole di allenamento spirituale alla morte
    1. Imparare a mantenersi focalizzati nella testa, mediante esercizi di visualizzazione, meditazione e pratica costante di concentrazione.
    2. Imparare il servizio del cuore, cioè aiutare amorevolmente gli altri, cosa ben diversa dall'intromettersi emotivamente nelle faccende altrui. Con questi due modi di attività si riuscirà a localizzare l'energia vitale al di sopra del diaframma, ciò diminuirà la forza del plesso solare. Quindi quel centro diverrà sempre meno attivo e non vi sarà più pericolo che la rete che si trova in quella regione venga forata.
    3. Imparate a ritirare la coscienza nella testa prima di disporvi al sonno: questo dovrebbe essere praticato come preciso esercizio ogni sera. Non dovreste mai permettervi di addormentarvi inconsapevolmente, ma dovreste sforzarvi di conservare la coscienza intatta fino a ottenere un cosciente passaggio nel piano astrale. Dovreste mirare al rilassamento, all'attenzione concentrata e a un costante raccoglimento nel centro della testa, poiché fino a tanto che l'aspirante spirituale non abbia imparato ad avere una costante consapevolezza di tutti processi che inducono al sonno, e a mantenersi allo stesso tempo positivi, quell'esercizio può essere pericoloso. I primi passi devono essere fatti intelligentemente e praticati per molti anni, prima di acquistare la capacità di compiere facilmente il ritiro cosciente dal corpo.
    4. Notare e osservare tutti i fenomeni connessi con il processo di ritiro, tanto di quello attuato nella meditazione, quanto di quello che precede il sonno. Risulterà, per esempio, che molte persone si destano con un penoso sussulto non appena si sono addormentati; ciò è dovuto al fatto che la coscienza sguscia fuori, per così dire, attraverso a una rete non debitamente sgombra o a un orifizio parzialmente chiuso. Altri possono udire un forte scoppio nella testa causato dalle arie vitali esistenti in essa, che di solito ignoriamo, e ciò avviene per un'intera sensitività uditiva che rende consapevoli di suoni sempre esistenti, ma che usualmente non vengono percepiti. Altri, nell'addormentarsi, vedranno lampi di luce e nuvole di colori e strisce violette. Tutti questi sono fenomeni eterici, non hanno reale importanza e si riferiscono al corpo della vitalità, a emanazioni e alla rete luminosa.
    Il mettere in pratica queste quattro regole per un certo numero di anni faciliterà molto la tecnica della morte, poiché l'uomo che abbia imparato a regolare le fasi dell'addormentarsi si troverà in vantaggiosa posizione riguardo a quello che non avrà mai fatto attenzione a tale procedimento.




    preso da: http://www.misterieleggende.com/la_vita_do...dalla_morte.php
     
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  2. DanyB
     
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    User deleted


    io invece vorrei morire molto ma moooooooooooooooooooolto lentamente... XD
     
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1 replies since 19/5/2008, 22:13   98 views
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